«Non posso, non debbo e non voglio parlare di vicende in corso». Carlo Nordio lo dice subito, prima ancora che la domanda venga finita di formulare. È ospite a Zona Bianca su Rete 4, e teoricamente l’argomento è la nuova inchiesta sul caso Garlasco. Ma il ministro della Giustizia non resiste. E affonda il colpo. Il bersaglio è la condanna di Alberto Stasi. «Trovo irragionevole che dopo una o due sentenze di assoluzione sia intervenuta una condanna senza rifare l’intero processo. Tutto questo è irrazionale». Parole nette, che suonano come una critica non tanto a un singolo procedimento, quanto a un intero impianto giuridico. Facciamo un passo indietro. Quando nel 2013 la Cassazione ha annullato l’assoluzione di Stasi (assolto anche in primo grado), ha ordinato alla Corte d’Assise d’Appello di Milano di riaprire il dibattimento. E così è stato. Sono stati disposti nuovi accertamenti, nuove perizie, e un'integrazione probatoria. Perché – scriveva la Cassazione – il giudizio precedente era stato raggiunto con “un approccio non coerente ai principi della prova indiziaria” e con un “non corretto percorso metodologico”. Ma a Nordio questo non basta. «Se per legge si può condannare solo al di là di ogni ragionevole dubbio, se uno o più giudici hanno dubitato al punto da assolvere, non si vede come si possa poi condannare». È qui che l’ex magistrato cala il suo punto politico: «È irragionevole e andrebbe cambiato con una riforma che abbiamo provato a fare e fatto a metà».


Il rischio, secondo molti giuristi, è quello di introdurre un principio che vanifica l’intero sistema dei tre gradi di giudizio: se basta un’assoluzione per escludere una condanna successiva, addio alla funzione stessa della Cassazione. Il nostro ordinamento, tra l’altro, prevede già strumenti di garanzia come la revisione dei processi. E qui, nel caso Garlasco, non si è ancora arrivati a quel punto: si tratta di un’inchiesta nuova, con un nuovo indagato – Andrea Sempio.
«Più che colpa dei magistrati è colpa delle leggi. I magistrati amministrano leggi imperfette, che consentono di procrastinare processi all’infinito». E assicura: nessuna sanzione o ritorsione per chi ha lavorato sul caso Stasi. «No, assolutamente. La responsabilità si può avere solo se il magistrato non conosce la legge o dimostra di non conoscere le carte». Una sorpresa arriva poi da Massimo Lovati, legale proprio di Andrea Sempio, il nuovo nome finito nel fascicolo. Lovati dice di condividere «pienamente» le parole del ministro. E rincara: «Come ho già detto tante volte, Stasi è innocente». Secondo lui, a uccidere Chiara Poggi sarebbe stata «un’organizzazione criminale» coinvolta in reati «di tipo sessuale e di pedofilia». Teorie, per ora, tutte da verificare.

