La verità – dice – è sempre stata lì. Solo che nessuno voleva vederla…
“Stasi è innocente. E a casa di Chiara Poggi, la mattina dell’omicidio, c’erano quattro persone. Non una, non due. Quattro.”
Così Fabrizio Corona ha deciso di scoperchiare il caso Garlasco. Niente clickbait, dice lui, niente dragaggi, martelli né presunti virgolettati. Solo verità. O almeno, la sua. Lo fa nel modo che gli riesce meglio: da un palco social, sulle storie Instagram, tra luci da set e parole da detonatore. Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi, rimasto incagliato tra sentenze, depistaggi e misteri dal 2007, torna a pulsare. E lo fa fuori dalle aule dei tribunali. Dentro uno smartphone. “Tutto quello che avete sentito sull'inchiesta di Garlasco... è un'operazione di comunicazione costruita ad arte”, tuona Corona. Il martello ritrovato? Fuffa. I virgolettati attribuiti alla cugina di Chiara? Montature. E la stampa? “Non cerca la verità, ma il sensazionalismo”. La risposta si chiama Falsissimo, il suo format d’inchiesta spinta e patinata, che promette di fare ciò che la Procura non avrebbe fatto: guardare dove nessuno ha mai guardato. Persino a quella bici nera, mai sequestrata, che aleggia come uno spettro nella ricostruzione.


“In nove puntate abbiamo dimostrato che si può fare giornalismo con rigore, coraggio e responsabilità. Anche rischiando la libertà”, spiega. Ma è con la decima che vuole dare fuoco alle polveri. Speciale Garlasco sarà – promette – la puntata che cambierà tutto. Il tono è da sentenza, più che da indagine. Corona non cerca solo giustizia. Cerca attenzione. Ma in quel bisogno di essere ascoltato c’è anche qualcosa di più inquietante: un’accusa frontale a tutto il sistema investigativo che ha portato Alberto Stasi alla condanna definitiva per l’omicidio della sua fidanzata. Ora, secondo Corona, Stasi non solo è innocente, ma sarebbe il capro espiatorio perfetto di una macchina malata. Dietro quella porta, nella villetta di via Pascoli, quel lunedì mattina, non c’era un ragazzo con una bici e un alibi incerto. Ma “quattro persone. I colpevoli più una marea di carabinieri”, dice. Parole grosse. Come le promesse. Nel suo racconto – che non è ancora prova, ma suggestione – le indagini sarebbero state riaperte proprio perché qualcun altro, ora, ha parlato. Nuovi nomi, nuove piste, nuove omissioni. Ma anche vecchi errori, forse mai veramente corretti. Corona chiude così: “Quello che leggete sui giornali è solo la superficie. Noi siamo andati a fondo. Vi raccontiamo tutto: CHI SONO I VERI COLPEVOLI, e come facciamo a saperlo. Abbiamo rischiato tutto. Per raccontarvi, come sempre, la verità.” Ora la domanda non è se credergli. Ma se il sistema sarà disposto ad ascoltarlo.

