Gli artisti vogliono raccontare la loro arte, i giornalisti vogliono capirci qualcosa in più, spesso scavando anche nella vita privata. Non è una novità, lo facciamo anche noi di MOW e il titolo ha l'obiettivo di incuriosire, di far dire al lettore "aspetta, voglio approfondire, capire meglio". La linea che divide il clickbait dall'attrazione spontanea, con un titolo ben costruito senza essere eccessivamente sensazionalistico, è sottile, e a volte non ci si rende nemmeno conto di averla scavalcata.
Levante, tornata di recente con il singolo "Maimai" (di cui vi abbiamo parlato qui), ha rilasciato un'intervista a Il Corriere della Sera, pubblicata sull'edizione cartacea e poi anche nella versione online. Nulla di nuovo, potreste dire: gli artisti rilasciano costantemente interviste. Ma la cantante ha voluto fare alcuni chiarimenti sul contenuto, attraverso le sue storie su Instagram: "Oggi è uscito un articolo molto bello sul Corriere della Sera. Ci sono delle piccole imprecisioni: non sono di Caltagirone, ma di Palagonia. [...] Oltre al fatto che io non mi sono mai paragonata ad Alfonso, sono una sua invitata".
La cantante, oltre a queste "piccole" precisazioni, non ha negato di esserci "rimasta male" per il titolo scelto dal quotidiano. "Mi impegno sempre molto e quando faccio delle interviste racconto tanto di me, in maniera molto sincera. Affronto tanti temi, nelle canzoni e fuori, credo di avere tante storie da raccontare però questo titolo credo che sia veramente ingiusto. Un titolo che racconta di una storia finita sei anni fa".
Il titolo a cui fa riferimento Levante è "Papà morì che io avevo nove anni, in tantissime mie canzoni c'è lui. Infastidita dalle voci su me e Diodato, ma la verità la sappiamo solo noi", dove viene citata la sua relazione con Diodato, conclusa nel 2019. "Cita una persona che non c'entra niente nel mio percorso di vita oggi, né lavorativo né privato, soltanto per il gusto di attirare qualche lettura in più. Questo mi dispiace molto, dovremmo impegnarci un po' di più, credo".
E ha spiegato, nell'ultima storia pubblicata sul suo profilo Instagram in merito all'argomento: "Ovviamente ho citato mio padre perché sono felice sempre di parlarne, però dopo 12 anni di carriera ancora fare riferimento a certi eventi della mia vita significa… non so cosa significhi. Se voglio vederla male significa sminuire un'artista, una persona che ha scritto sei dischi, tre romanzi, un libro di poesie, tour ovunque. Ho cantato nei piccoli posti fino a posti molto grandi, però poi niente, ci perdiamo in queste cose. Mi dispiace tanto, cavolo, che spreco".
Levante ha già detto tutto con questi video. Ha spiegato con poche parole perché, invece di soffermarsi sulla sua vita privata passata, su qualcosa che non fa più parte del suo presente lavorativo o umano, ci si sarebbe potuti soffermare maggiormente sulla sua arte, la sua musica, i traguardi raggiunti in 12 anni di carriera che l'hanno portata ovunque, in giro per l'Italia, tra musica, romanzi e poesia.
Forse c'è una lezione da imparare da questa storia e chissà se la impareremo mai. Perché è chiaro che non bisogna essere "schiavi" degli uffici stampa e degli artisti, che è importante fare domande scomode, ma la vita privata non può essere sempre al centro. E se diventa centrale può essere un'occasione sprecata, per qualche click in più e un artista che, un domani, potrebbe decidere di non aprirsi più nello stesso modo e di raccontarsi filtrando, riducendo tutto all'osso e privandosi (e privandoci) della sua vera anima artistica.
